Basilica di S. Maria di Collemaggio
La Basilica di Collemaggio, splendida testimonianza dell’architettura romanica in Abruzzo, fu costruita alla fine del ‘200 su un colle della Città dell’Aquila, ma la sua attuale conformazione è frutto di numerose trasformazioni, gran parte delle quali avvenute a seguito dei forti terremoti che si sono susseguiti nei secoli.
Il sisma che ha colpito severamente la città dell’Aquila il 6 aprile del 2009 ha causato il collasso di alcune strutture in elevazione e di tutta la copertura del transetto della Basilica. In particolare, i crolli hanno interessato la parete dell’arco trionfale, i grandi pilastri terminali della navata, le strutture voltate e di copertura, lasciando un cumulo di macerie tutto interno alla scatola muraria, rimasta praticamente integra e completa fino alla parte sommitale.
Tale modalità di crollo ha suggerito, a prima vista, il probabile cedimento improvviso dei due grandi pilastri a piliere che sorreggevano il complesso costituito dagli archi trionfali, dal tamburo su pennacchi con la sovrastante cupola emisferica, dalle volte laterali e dalla copertura lignea sovrastante. Più osservatori hanno riconosciuto nel danno provocato dal sisma un meccanismo di implosione del transetto riconducibile al cedimento degli elementi verticali terminali della navata, normalmente soggetti a carichi verticali piuttosto considerevoli ed al delicato e sensibile equilibrio delle spinte delle archeggiature e delle volte, poi fortemente sollecitati dall’azione contemporanea delle forze indotte dal sisma, significativamente ed in misura paragonabile sia orizzontalmente che in direzione verticale. Tale qualitativa ricostruzione del modo di collasso mostra tuttavia una evidente debolezza quando si considerano le dimensioni piuttosto cospicue e quasi esagerate dei grandi pilastri a pianta polilobata con dimensione trasversale massima della sezione di circa m. 2.60, sostanzialmente tozzi, e apparentemente realizzati a blocchi regolari di pietra calcarea.
La ricostruzione delle vicende storiche recenti del monumento, ed in particolare la riconsiderazione dell’intervento di restauro operato dal soprintendente Moretti nei primissimi anni ’70, anche in assenza della disponibilità di una documentazione specifica certa in proposito, consentono di ipotizzare una situazione di particolare probabile vulnerabilità di detti pilastri. È noto, infatti, che l’intervento teso alla rimozione dell’apparato decorativo barocco presente nella Basilica, per riportare alla luce la “possente struttura originaria” dell’impianto duecentesco, dovette arrestarsi, per l’insorgere di polemiche e diatribe in merito alla sua correttezza rispetto alle teorie del restauro, proprio a completamento del lavoro di ripristino della navata, lasciando il transetto nella sua struttura e decorazione barocca. È altresì noto che comunque sia stato lo stesso Moretti a modificare, alla fine, almeno i grandi pilastri terminali della navata, dalla loro forma barocca frutto della precedente trasformazione del 1700, alla forma polilobata a piliere ricostruita a partire dal rinvenuto basamento, ancor oggi visibile dopo la rimozione delle macerie. Tali circostanze hanno consentito infatti di ipotizzare che l’intervento di Moretti sui grandi pilastri fosse volto, a completare l’immagine della navata, attraverso la ricostruzione della forma pre-esistente all’intervento barocco, dei grandi pilastri, ottenibile con la realizzazione di una cortina esterna in pietra da taglio posta all’intorno del nucleo portante dei pilastri barocchi.
Le condizioni della Basilica, nella situazione ante sisma, erano già conosciute in modo abbastanza dettagliato, essendo stata oggetto di studi approfonditi sia di tipo statico che dinamico, da parte di un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Aquila. Si è quindi potuta sviluppare un’analisi di vulnerabilità facendo uso di un modello di calcolo strutturale, agli elementi finiti, che tenesse conto di tutti gli interventi pregressi e dei risultati ottenuti da un’analisi di model updating che ha impiegato le informazioni sperimentali per una stima ottimale di alcuni parametri geometrico-meccanici delle murature che costituiscono la facciata e le navate. Con il modello strutturale così definito sono state calcolate le sollecitazioni indotte dai carichi verticali, quindi in condizioni di esercizio, ed infine l’evoluzione temporale dello stato tensionale ottenuto imponendo alla base il moto registrato dalla stazione della rete accelerometrica nazionale, AQK, in prossimità della Basilica.